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sábado, 13 de março de 2010

A novant'anni da Fatima

Novant’anni sono trascorsi dalle apparizioni di Nostra Signora del Santo Rosario alla Cova da Iria, dall’impressionante miracolo della danza del sole e dal grande “lascito” che Ella ci ha fatto: la rivelazione del Segreto sul nostro futuro individuale e sociale. Una riflessione s’impone oggi a noi che conosciamo la tragica storia del secolo appena trascorso, ma che viviamo ancora immersi nel corso degli eventi preannunciati dal Cielo il 13 luglio 1917 a tre pastorelli portoghesi.

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1917-2007: novant’anni dalle apparizioni di Fatima. Apparizioni a cui sono legati tre segreti, o meglio: tre parti di quello che si presenta come un unico segreto.

La prima parte è la visione dell’inferno, ma va fatta una precisazione: la rivelazione dell’inferno non può essere lo svelamento di un segreto essendo la sua esistenza parte integrante della fede cattolica, piuttosto il segreto è nel fatto che la Madonna rivelò che da qualche tempo era e sarebbe aumentato il numero delle anime meritevoli dell’inferno. Per questo arrivò a far vedere ai piccoli veggenti (Lucia, Francesco e Giacinta) il luogo della dannazione eterna, per far capire loro la necessità di sacrificarsi per i poveri peccatori.

La seconda parte del segreto è l’annuncio del castigo che si sarebbe realizzato a causa della diffusione del peccato, castigo che sarebbe consistito nello scoppio della Seconda Guerra Mondiale e soprattutto nella diffusione del comunismo.
La terza parte (che è rimasta segreta fino all’anno 2000) riguarda la persecuzione nei confronti dei cristiani e la profondissima crisi della Chiesa.
Le apparizioni, però, si conclusero con una grande speranza, espressa dalle parole stesse della Madonna: “(…) alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà!”

Il perché di Fatima: la condanna del naturalismo

Come abbiamo detto, la Vergine disse che troppe anime andavano e sarebbero andate all’inferno. Certamente anche prima c’erano anime che andavano all’inferno, ma la Madonna fece capire che da qualche tempo (e prefigurò anche il futuro) il numero delle anime che andavano all’inferno sarebbe aumentato, per cui occorreva far qualcosa per loro.

Occorreva (e occorre) pregare e sacrificarsi. Ella chiese ai bambini nella prima apparizione, quella del 13 maggio: “Volete offrirvi a Dio, per sopportare tutte le sofferenze che vorrà inviarvi, come atto di riparazione per i peccati con cui è offeso e di supplica per la conversione dei peccatori?”. Poi disse nell’apparizione del 13 luglio: “Sacrificatevi per i peccatori e dite molte volte e in modo speciale quando fate qualche sacrificio: O Gesù, è per amor vostro, per la conversione dei peccatori e in riparazione dei peccati commessi contro il Cuore Immacolato di Maria”.

Fatima, dunque, denuncia senza equivoci l’errore naturalista che iniziava a diffondersi, ovvero la convinzione che ciò che conta sarebbe solo la vita naturale, biologica… e – se non si arriva questo estremo – che vita naturale e vita soprannaturale avrebbero comunque la stessa importanza.
La Vergine di Fatima, invece, fa chiaramente capire che l’uomo deve mirare primariamente al Paradiso. Ella disse che tutto passa e che la più grande tragedia è il peccato mortale con la conseguente perdita della Grazia. Per questo ai bambini fece vedere l’inferno.

Per evitare l’inferno, la Madonna disse che bisognava far di tutto, che bisogna pregare, sacrificarsi… ed anche accettare i sacrifici più inauditi. A Fatima la Vergine non donò ai bambini cose materiali, fece vedere l’inferno. Non assicurò loro un radioso futuro su questa terra, piuttosto annunciò loro che avrebbero lasciato presto questa vita per godere del Paradiso. Non chiese loro chissà quali gesti pubblici, quanto sacrificarsi e pregare in silenzio e nel segreto.

Il significato di Fatima: la rinascita della cristianità

L’essenza dei messaggi di Fatima è tutta incentrata sulla questione della sconfitta della Cristianità, cioè della civiltà cristiana. Negli ultimi tempi il Magistero ordinario ha insistito sul dramma della separazione tra fede e cultura, che è appunto l’incapacità della fede di trasformarsi in giudizio sull’esistente e su tutti i campi della propria vita; e quindi anche la rinuncia della fede di tradursi con coerenza in decisioni e strutture politiche.

Sappiamo che i luoghi delle apparizioni non sono senza significato. A Lourdes (1858) la Vergine apparve confermando il dogma dell’Immacolata Concezione promulgato quattro anni prima (1854). Lourdes è in Francia e la Francia in quei tempi si preparava ad essere il centro del positivismo che avrebbe negato il valore della libertà individuale e affermato che ogni comportamento umano scaturirebbe dal contesto sociale. A Lourdes, invece, la Madonna, definendosi Immacolata Concezione, ricordava che tutti gli uomini nascono con il peccato originale, per cui la prima riforma non è sul piano sociale bensì su quello interiore: è la conversione.

Questo per Lourdes… e per Fatima? Fatima è all’estremo ovest dell’Antico Continente. Alle spalle non vi è che l’oceano. Ebbene, scegliendo Fatima, la Vergine è come se avesse voluto dire ai cristiani: “non potete più indietreggiare, non c’è più spazio per farlo”. Infatti, tutto il messaggio è nella prospettiva di una riconquista sociale del Cristianesimo.

Prima le terribili parole del castigo: “La guerra sta per finire, ma se non smetteranno di offendere Dio nel regno di Pio XI ne comincerà un’altra peggiore (…) Se si ascolteranno le mie richieste, la Russia si convertirà e si avrà pace; diversamente, diffonderà i suoi errori nel mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa; i buoni saranno martirizzati, il Santo Padre dovrà soffrire molto…”. Poi abbiamo le parole finali della Vergine: “… alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà!”. Esse non sembrano prefigurazioni di un’imminente fine del mondo, quanto di un ritorno del mondo a Dio, di una forte ricristianizzazione della società. Questo sulla scia di autorevoli opinioni e rivelazioni private che vanno da san Luigi Maria Grignon de Monfort, a san Giovanni Bosco, fino a san Massimiliano Maria Kolbe e oltre.

La persecuzione…e cosa ci attenderà

Abbiamo detto che la terza parte del segreto (quello che è stata resa pubblica solo nel 2000) riguarda la persecuzione dei cristiani e la crisi della Chiesa. Parole terribili, che parlano di una tremenda persecuzione. Ma quello che è ancora più preoccupante è la morte del “Vescovo vestito di bianco”, che suor Lucia ha detto esserle sembrato il Santo Padre.

Sappiamo che l’attentato che Giovanni Paolo II subì il 13 maggio del 1981 ferì il Pontefice ma non l’uccise. In questa visione, invece, si vede chiaramente che il Papa soccombe, ma soccombe sotto colpi diversi: si parla di colpi di arma da fuoco, ma, stranamente, si parla anche di frecce.
I colpi di arma da fuoco rimandano alla persecuzione fisica, mentre le frecce rimandano ad altro. La crisi dottrinale che sta attraversando la Chiesa Cattolica è senza paragoni. In passato le crisi erano più sul piano disciplinare (certamente pericolose), ma negli ultimi tempi la crisi si configura più sul piano dell’ortodossia (ed è sicuramente più pericolosa).

Il modernismo, condannato da San Pio X, purtroppo si è rivelato come una sorta di fiume carsico: è andato sottoterra, sembrava sparito, ma poi è riemerso, in maniera non sempre evidente, ambigua, ma certamente riconoscibile.
Il Santo Padre che muore anche a cause delle frecce ci fa pensare ad una questione che è difficile negare: oggi, per quanti cattolici è ancora viva l’autorità del Papa? per quanti cattolici il Magistero è ancora vincolante e non soltanto un vago, molto vago, punto di riferimento?

Un senso alla nostra vita

A Fatima, dunque, la Vergine è venuta ad ammonirci e a farci comprendere la crisi della fede, la crisi della Vita di Grazia, la crisi della Chiesa e il dramma della società contemporanea. Ella, come madre, è venuta a soccorrerci; soffre per il serio rischio che abbiamo di perderci, soffre per la nostra disperazione.

Il poeta Cesare Pavese in alcuni suoi versi condensa la contraddizione dell’uomo di oggi: da una parte, l’agnosticismo della cultura dominante lo obbliga a credere che la sua vita non abbia senso se non nell’“hic et nunc” quotidiano; dall’altra, il suo costitutivo desiderio di Assoluto lo fa continuare ad attendere e bramare qualcosa più grande di sé. Dice Pavese: «Che cosa tremenda è pensare che nulla a noi sia dovuto. Qualcuno ci ha forse promesso qualcosa? Ma allora, perché attendiamo?».

Ebbene, questa attesa ha una risposta ed è quella della Resurrezione di Cristo, vincitore sulla morte. E questa attesa ha una speranza anche per la società civile ed è quello della Vergine che a Fatima dice: “…alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà!”
Forse non avremo personalmente il privilegio di vedere il “Regno di Maria” (la società tornata alla Legge di Dio) ma ci rincuori la speranza di lavorare affinché questo possa realizzarsi.

I costruttori delle cattedrali medievali iniziavano a lavorare, e lo facevano con dedizione ed entusiasmo, pur sapendo che non sarebbero stati presenti il giorno della conclusione dell’opera; li animava il desiderio di lavorare per una Verità impermeabile a qualsiasi divenire del tempo, li entusiasmava la fede di offrire il proprio operato ad un Destino che coinvolgeva totalmente la propria esistenza.
Anche a noi basti la speranza della promessa della Vergine: “…alla fine il mio Cuore Immacolato trionferà!”.

(RC n. 28 - Ottobre 2007)

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